Se cambia il clima e l’acqua sale bastano gli stivali? Non più!
Allora servirà il Mose. Sì, ma solo se funziona. Il che ancora non è dato. Ma bisogna crederci.
E se il Mose non bastasse perché concepito e attuato per un clima che non c’è più? Allora bisogna pensare anche ad altro. Ma di un vero cambiamento si tratta. Di visione del futuro, di strategia da adottare, di strumenti e di azioni da attivare.
Esserne consapevoli significa adattarsi ad una situazione nuova che arriva molto prima del previsto. Venezia sperimenta la novità sotto gli occhi del mondo. È un bene o un male?
Semplicemente è la condizione data, di cui conviene prendere atto. C’è chi dice che tanto poi passa e, fino alla prossima volta, stiamo tranquilli e riprendiamo il nostro ritmo. Ma non è più così.
La più lunga sequenza di acque alte della storia di Venezia è un monito preciso. Chi lo ignora è cieco o irresponsabile.
Venezia può proporsi come pioniera e sperimentare soluzioni che anche ad altri serviranno. Fa parte dell'evoluzione umana quella di adattarsi al nuovo. Chi la spunta sopravvive, chi non ce la fa soccombe.
Riformuliamo l’agenda della politica urbana capovolgendo la gerarchia dei problemi.
Non più succubi della crescita turistica infinita e ad ogni costo. Da terra, dal mare, dal cielo. Visione di lungo periodo della città. Ambiente al primo posto; combattere sistematicamente l’inquinamento urbano; interventi diffusi di difesa dalle acque. Occorre ridare autorevolezza al sapere scientifico per la tutela della città non più al servizio di una politica del consenso elettorale di breve periodo.
E, per rispetto ai cittadini allagati, garantire, questo sì a breve, un modello di previsione maree tarato sulla realtà che cambia. Sarebbe il primo investimento a sancire l'ingresso in una nuova era.
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