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Buon anno Venezia?

Guardiamo alle coincidenze.

L’anno che si chiude con una città in ginocchio più di ogni altra poteva essere il momento della riflessione su di una strategia di ripresa che iniziasse a scrollarsi di dosso la dipendenza totale dalla domanda esterna, quella turistica. Per iniziare una diversificazione della offerta, sempre turistica, ma non solo. Partendo da un punto fisso: più qualità meno quantità. Da declinare con intelligenza innovativa.

E invece è arrivata la zampata. Inattesa ma non sorprendente. Chiusura ad oltranza dei musei, caso unico tra le città d’arte. Destabilizzazione della Fondazione, per fare cassa. Aureo principio. E poi? Questo lo sapremo nella fase due. Qualcosa da tempo meditata dal sindaco assessore. Alla cultura, che come lui dice è tutto. In attesa di sapere il come, paventiamo una declinazione che “con la cultura non si mangia”.


Intanto i Tre Oci sono in vendita. Colpa di un’ altra Fondazione dissipatrice che con l’acqua alla gola è costretta a far cassa. La città insorge ma il sindaco non sente. E’ la cassa che detta legge, la cultura seguirà. Se seguirà.


Ma nel frattempo preme il fronte immobiliare, quello che si coniuga col turismo trainato dalle grandi navi a Marghera, dove esistono suoli che reclamano investimenti. L’assist viene dal vertice di Confindustria che insiste per la conversione dei suoli industriali in pregevole waterfront urbano. Per l’occasione viene ripescato il Palais Lumière del compianto Pierre Cardin. Una occasione persa? Non proprio. Un bluff dichiarato! Ma tant’è, serve da battistrada.

Chi lo propone è un industriale convertito? No! Un noto immobiliarista urbano, reduce dalla dis-avventura del Vega. Il parallelepipedo che fronteggia l’Expo Acqua di Condotte. Quello sì un vero fiasco nel mezzo di una landa desolata. Poco più in qua dei Pili. Non proprio un caso.


L’idea? Sempre la stessa. Fanghi industriali da tramutare in oro. Secondo una vulgata con molti follower in città.


E l’industria? Di qui la sorpresa. Facciamo come Lione. La Francia va di moda. Prendiamo la seconda metropoli francese con oltre 2 milioni di abitanti. Città d’arte e di industria moderna. Da sempre. Dunque perché no anche Venezia? Il parallelo sinceramente ci sfugge. E’ forse il mix industria turismo che affascina, con vista sul Canale dei petroli anziché sul Rodano?


Venezia da anni attende fiduciosa la famosa industria verde, ora ha anche la ZLS, la logistica speciale. Citazioni di rito che tutti conoscono, cui mancano solo i fatti.


Possiamo avanzare un sospetto? Che sia una candidatura al Recovery Fund, quello del digital e green? Ci auguriamo di no, perché non è dalla polvere dei vecchi cassetti che escono le idee di cui Venezia ha bisogno.


Franco Migliorini

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