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Come ci si può rallegrare di fronte all’ennesima prova di funzionamento del Mose di ieri?

Il risultato con una situazione di mare calmo è di un tempo lunghissimo per il sollevamento delle paratoie e di una riallocazione non avvenuta per 6 paratoie per la sabbia entrata nei cassoni. Ed era mare calmo e piatto. Cosa poteva succedere se il mare, come nelle condizioni in cui il Mose dovrebbe operare, fosse stato mosso e la marea entrante con la forza che, purtroppo, sappiamo può avere? E l’assenza totale di vento?

E non a caso il commissario straordinario Spitz parla di 18 mesi di lavori mancanti e non a caso sembra che lo stesso lo stesso Conte non abbia potuto non nascondere perplessità.

Noi ribadiamo la necessità di una sospensione dei lavori per permettere ad una commissione di esperti, non solo nazionali, di verificare l’efficacia oggettiva e la sicurezza del Mose e, nel frattempo, la necessità di investire negli interventi di mitigazione.

E ribadiamo la necessità di investire in quello che finora non è stato fatto. E questo ha dell’incredibile.

Sappiamo, tutti lo sanno e ormai tutti lo ripetono che il Mose, se miracolosamente funzionerà, avrà comunque vita brevissima per l’innalzamento del livello del mare. Quindi bisogna investire nella ricerca per trovare soluzioni alternative. E quella dell’innalzamento della città è quella immediata e logica e quella, non sufficientemente supportata, che l’Università di Padova sta portando avanti.

E occorre iniziare a pensare a cosa ne faremo del Mose se e quando non servirà più.

Occorre fin da subito pensare ad una adeguata fase progettuale di rottamazione, iniziando a dirottare gli ingenti costi di manutenzione e gestione previsti per il suo mantenimento verso l’esecuzione degli interventi alternativi già individuati da molto tempo per contrastare gli scenari di eustatismo.

Si deve lavorare per modificare il rapporto altimetrico mare-suolo con immissione di fluidi su strati geologici profondi. Studi volti al sollevamento antropico.

Si deve intervenire alle bocche di porto con opere di mitigazione che vanno dal rialzo dei fondali, con opere trasversali fisse, opere trasversali removibili stagionali, e con opere di prolungamento dei moli che abbatterebbero sostanzialmente le maree medio-alte.

Si deve poi procedere all’apertura delle valli da pesca per la libera circolazione delle maree.

Tutte operazioni percorribili, prendendo atto di una triste verità: se si riesce a farlo “partire” il Mose non può essere operativo prima di un anno e mezzo.

Venezia è quindi, almeno per un altro inverno, indifesa dalla potenza delle acque.

Occorre lavorare per arrivare al più presto alla sua salvezza. Gli strumenti ci sono. Occorre la volontà. Soprattutto la volontà politica.

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