Il quadro emerso in questi giorni è quello che da mesi cerchiamo di sottolineare. Quello di una frammentarietà nel fronte anti Brugnaro che cresce di giorno in giorno e non riesce a trovare una sintesi.
La mia candidatura, lanciata, alla lettura di molti, con grande anticipo, aveva voluto dare un primo segnale provocatorio. Era stata definita “interessante” dai segretari comunale e metropolitano, ma non totalmente aggregante, profilo che mi era stato riferito essere quello che il mondo accademico poteva offrire.
Il tempo passava e questo soggetto aggregante non emergeva. Intanto crescevano in città il consenso e i riscontri attorno al gruppo con cui ho sempre lavorato che è composto da settori e quadri del Pd critici per varie situazioni del partito (dalla questione morale a quella delle grandi navi), da ambiti vicini ai mondi attenti al sociale, alla cultura, alla formazione e da cittadini provenienti dal mondo della società civile, sfiduciati dal corso delle cose degli ultimi anni in città.
Quella che poteva essere in maggio una provocazione, si è rivelata una oggettiva e via via consolidata realtà, a cui tutti riconoscevano quantomeno una dote, la coerenza.
In questi giorni questa realtà è emersa palesemente e mostra che, forse, le previsioni di maggio non erano così infondate.
Sul fronte dei partiti il cammino aperto dagli incontri creati dal saggio Giovanni Pelizzato svanivano per il veto del Pd e, nell’ambito civico, il fronte si è disgregato nella dilaniante contesa referendaria.
Oggi il Pd, che non ha mai voluto le primarie, non riesce a trovare il candidato che accomuna, perché ha all’interno lo scontrarsi di anime e personalità diverse che non hanno mai cercato, in questi anni, il dialogo. Una frammentarietà che sempre abbiamo criticato, in quanto giocata come elemento disgregante, piuttosto che come elemento arricchente.
“Tutta la città insieme!” il dialogo lo cerca, sempre cercando di mantenere, come metodo di lavoro, la chiarezza e la coerenza.
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