Aria di elezioni, si apre il borsello. Quello degli spiccioli, per tacitare i questuanti, che sono tanti. Questa l’idea del sindaco e della sua giunta fucsia, o dell’irresponsabile spensieratezza, perpetrata per un quinquennio a danno della città.
Dopo il silenzio quinquennale si affaccia il tema casa. Per quelli che la cercano e per quelli che ce l’hanno, ma necessitano di manutenzione e di restauri. A Venezia come a Mestre. Le risorse sono irrisorie rispetto ai problemi, accantonati negli anni totalmente trascorsi sul turismo, che ora presenta il conto. Alla città intera e non solo agli operatori.
Si, perché Venezia è e resta una città, assieme a Mestre, e come tale va trattata, non come un villaggio turistico a disposizione degli amici immobiliaristi di ogni genere, attratti da uno di loro nelle vesti di sindaco.
Casa e spopolamento, due temi strettamente intrecciati che prefigurano un collasso progressivo di una compagine urbana cui viene offerta come alternativa l’occupazione turistica o l’esodo. Che è quello cui molti giovani titolati sono costretti. Perché il turismo industriale ha bisogno di esecutori, non di specializzati. E la città nel frattempo cambia, di pelle e di consistenza.
E deve essere proprio vero se persino la Lega se ne accorge dopo un quinquennio in sonno, ringalluzzita dalla prospettiva di entrare in una città cui è storicamente estranea.
Dell’esodo ne risente anche il cuore urbano. Rialto. O dello spopolamento commerciale dopo quello residenziale. Le idee di rilancio non mancano, ma la volontà di attuarle certamente sì.
Per contrasto prende così forma il programma di una giunta nuova intenzionata a restituire alla città il ruolo e la dignità che le spetta. Sostegno alla cittadinanza, accesso all’alloggio, qualità del lavoro, apertura al mondo della innovazione.
Che è quello che il mondo si aspetta da Venezia.
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