Nel pieno di una pandemia che ha messo a terra le flotte aeree di tutto il mondo prende il via la procedura di approvazione del progetto di allacciamento dell’aeroporto Marco Polo alla ferrovia.
Franco Migliorini ricostruisce l'iter e mette in luce i nodi dell'operazione bretella aeroportuale. L'articolo è apparso ieri su La Nuova di Venezia e Mestre.
Vi invito a leggerlo. ⤵️
Inserito nel Master Plan di Save, la società di gestione, assieme alla seconda pista, il progetto è concepito per un’orizzonte che raggiunga e superi i 20 milioni di passeggeri, sull’onda dei più recenti trend del turismo globalizzato che ha inserito Venezia tra le mete irrinunciabili per la popolazione mondiale. Per quelli che possono permetterselo.
L’idea di RFI nasce nel 2003 legata alla connessione dello scalo al SFMR, la ferrovia regionale destinata ad alleggerire la pressione automobilistica sull’intero quadrante di Tessera con navette direttamente provenienti dall’entroterra veneto.
La soluzione che tutti i grandi aeroporti europei hanno adottato per collegare gli scali ai tessuti urbani circostanti.
Nel frattempo il progetto ha preso però una strada diversa. Da ferrovia di superficie che giunge direttamente in sala arrivi del Marco Polo, riducendo al massimo le interferenze con le infrastrutture e i corsi d’acqua presenti in zona, diviene un collegamento che raggiunge l’aerostazione in sotterranea. Una soluzione che solo Parigi e Amsterdam conoscono per il fatto di essersi collocati sopra una preesistente ferrovia.
Il progetto viene inoltre concepito per i treni veloci che si vorrebbero far giungere da Milano e Roma per attrarre maggior traffico in Save. I costi passano così dagli originari centoventi milioni a cinquecento di solo preventivo. Gravano infatti numerose le incognite di procedere in sotterranea, a circa meno venticinque metri, in terreni ricchi di acque di superficie e sotterranee, oltre di altre infrastrutture, che in fregio alla laguna sono anche salmastre e corrosive mentre i terreni sciolti sono di scarsa portanza. Ne sa qualcosa la posa e stabilizzazione delle paratoie del Mose.
Ma l’altro quesito che si presenta è il programma di esercizio di un nodo ferroviario che da bipolare, tra Venezia e Mestre, ora diventa tripolare, con la aggiunta di Tessera. E per di più percorribile da treni veloci nazionali e da treni locali, ognuno con diverse esigenze e priorità di servizio, che dovranno essere assolti da un unico binario destinato a immergersi sotto l’aerostazione mentre la circolazione sull’intero nodo sarà necessariamente assai lenta e complessa. Tenuto conto che Venezia è il principale nodo ferroviario del Nordest, e che i treni veloci dovranno circuitare a bassa velocità sulla rete del nodo. Tempi lenti per la ferrovia veloce.
Ci saranno così alcuni treni che giungono a Venezia e di qui ripartono, mentre altri gireranno sotto il Marco Polo passando poi per Mestre e dirigersi verso Roma o Milano senza passare da Venezia.
Ma, ci si chiede, è proprio questo il momento per lanciare grandiosi progetti multi milionari, neanche avessimo i petrodollari di Dubai, per grandi e rischiose opere anziché puntare a fare il massimo con il minimo, cioè con una più logica e adeguata ferrovia di superficie?
C’è però chi pensa anche che se la Tav potrà arrivare in sotterranea a Tessera, una sublagunare potrebbe poi proseguire anche per l’arsenale di Venezia. Ma forse sono solo suggestive ipotesi ingegneristiche.
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