La sequenza di referendum e di elezioni congiunte, municipali e regionali, nel giro di sei mesi dovrebbe essere l’occasione per fare il punto sul futuro di una città che da tempo attende quella idea di futuro che oggi le manca. Di questo oggi si parla ma in assenza di una discussione strutturata su temi precisi e valutazioni adeguate. Non si può ignorare che la città sta ponendo domande precise alle quali cerca di dare risposte diverse da quelle che l’amministrazione in carica è caparbiamente impegnata a dare, senza alcuna disponibilità di ascolto. Di materiale per una piattaforma ce ne è molto sul tappeto, manca però una interpretazione convincente che riunisca gli argomenti in una prospettiva di lungo periodo in cui i disagi del quotidiano si saldino con una idea di Venezia non succube del turismo ma protagonista del senso della propria storia. Quello per cui comunica col mondo. Almeno due argomenti vanno posti al centro. Il rapporto con l’ambiente, che rappresenta la sfida della nostra epoca e vede Venezia in prima linea di fronte alla evoluzione dei livelli marini. E la realtà di una metropoli incompiuta, in versione veneziana e veneta, che evidenzia il ritardo di una regione evoluta ma conservatrice di fronte alla sfida competitiva dei servizi avanzati del XXI secolo. Sullo scenario politico locale sembra purtroppo pesare la mancata elaborazione del binomio scandalo Mose - sconfitta 2015. Se ne esce con oggettive ammissioni di responsabilità politiche e senza ambigui tatticismi con il sindaco Brugnaro che tacita il consiglio, sbeffeggia la opposizione e offende la immagine della città nel mondo. Venezia ha primaria visibilità nazionale, in passato luogo di soluzioni politiche innovative. La domanda di primarie che si leva dalla città è la manifestazione di una vitalità consapevole che vuole riprendere in mano il proprio destino per misurarsi con quella che è la sfida più importante della città: la sua rigenerazione, ad un tempo demografica e politica.
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