Il virus che mette a nudo il profilo essenziale dei servizi universali a livello urbano – rifiuti e mobilità – mostra la base minima da cui partire.
A Mestre la raccolta non scende oltre il 7% mentre in laguna raggiunge il 36%, cinque volte di più, dentro cui ci stanno turisti e studenti. Due differenti realtà urbane che si rispecchiano anche nel trasporto pubblico, dove gli effetti sono al limite del collasso, del servizio e del costo.
La situazione è eccezionale ma costringere a riflettere sull’anomalo equilibrio che regge i servizi nel Comune di Venezia perché alcune innovazioni andranno introdotte. Più semplice nei rifiuti, dove la diminuzione non crea grave disservizio, mentre una maggior cura nel conferimento da parte dei cittadini agevolerebbe l’azienda riducendo ancor più i costi.
Diverso il caso del trasporto dentro un sistema insediativo frazionato in isole si compensava tra maggiori entrate di alcune linee, quelle turistiche, e minori entrate di altre, quelle per i residenti.
Qui, più che altrove, l’innovazione è necessaria. Domanda ridotta e dispersa non è prerogativa di Venezia come invece lo è l’uso dei natanti. In altre realtà si può invocare il sistema a chiamata, ma per Venezia serve la prenotazione. L’abitudine al sovraccarico turistico ha occultato un problema di costi di cui si preferiva non parlare.
Ma non si può invocare l’overturismo per pagare i trasporti, sarebbe come promuovere la bulimia per dar lavoro ai cuochi.
La prenotazione invece è un sistema responsabile che vale per il turismo come per la residenzialità, e consente al gestore di programmare a fronte di una domanda certa così come di esporre i costi eccedenti a chi se li vorrà addossare. Un passo in avanti sulla strada della trasparenza.
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