La grande alluvione del 12 novembre ha accelerato anche la discussione sulla necessità di collocare una nuova banchina portuale in mare. Nel dibattito sulle relazioni città-laguna-porto, quello del funzionamento del porto è certo l’aspetto più critico per il futuro equilibrio ecologico e idrodinamico della laguna. Può una città storicamente figlia della economia portuale rinunciare al suo porto senza perdere sè stessa? Alla soluzione di collocare il porto in mare, posta dagli olandesi di Delft quarant’anni orsono, la risposta fu quello che oggi chiamiamo Mose. Con gli effetti che conosciamo e la convocazione del Comitatone, tolto dall’ambiguo letargo cui era stato costretto. È questa infatti la sede in cui potrebbe prendere spunto una radicale istanza di revisione della legge speciale di Venezia. Potrebbe, se i convitati avessero chiare idee e mente sgombra sui veri problemi della città. Le avvisaglie non promettono bene ma il passaggio in quel luogo è necessario e fornirà comunque la misura del distacco dalla realtà veneziana su cui occorre ancora lavorare. Nel frattempo le cronache ci informano sulla contabilità degli aiuti promessi. Siamo certi che il sindaco dirà che non bastano e occorrono più soldi. È la cosa che gli riesce meglio, specie se sarà lui a gestirli. Ma la città è vigile.
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