La politica culturale dell'Amministrazione comunale si riduce, un'ennesima volta, ad un'operazione finanziaria.
È stato sottoscritto ieri l’accordo per l’acquisizione da parte della Pinault Collection del 20% delle quote societarie di Palazzo Grassi S.p.A. detenute da CMV S.p.A., società detenuta al 100% dal Comune di Venezia, che ricava così 11 milioni di euro, da immettere nel bilancio.
Il Comune si dichiara soddisfatto perché mantiene due rappresentanti nel CdA di Palazzo Grassi, “a conferma – si legge nel comunicato stampa uscito ieri in merito - del rapporto di collaborazione tra la Pinault Collection e la città”, ma è, una volta in più, una riprova che l'Amministrazione punta ad una “privatizzazione” della gestione della cultura a Venezia, annullando progressivamente il ruolo e la funzione dell'ente pubblico.
Purtroppo il Comune di Venezia non ha capito che la ricchezza della città è proprio la cultura e che una buona amministrazione dovrebbe curare questo patrimonio che, come dimostra Pinault, può rendere molto.
L'altro aspetto assolutamente preoccupante di questa vicenda è che si annuncia la cessione e poi si afferma che sarà il Consiglio comunale a decidere. È una specie di presa in giro: come per la maggior parte delle scelte fatte sulla città, a decidere di fatto è il sindaco, che fa poi ratificare le sue posizioni prima in Giunta e poi in Consiglio, grazie alla schiacciante maggioranza che detiene. Ma proprio i consiglieri di maggioranza dovrebbero pensarci bene: agiscono, sostanzialmente, da meri esecutori di volontà altrui, altro che da rappresentanti della città. Anche grazie a loro assistiamo ad uno svilimento continuo degli organi democratici del Comune.
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