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Ripensare la strategia per Venezia.

Mentre sui giornali dilaga la retorica del disastro a #Venezia e a Roma e si valutano precipitosamente le iniziative urgenti per la città, balzano all’evidenza due distinti problemi. Il primo, e più immediato, che qualcuno sottovaluta e qualcun altro auspica ardentemente. A chi affidare la gestione dell’emergenza. In altre parole la distribuzione dei primi aiuti a cittadini e operatori colpiti dall’alluvione? Il riferimento è al sindaco uscente che in queste ore ha tenuto banco sui giornali e sui media, persino col sostegno di Berlusconi, proponendosi per oggi e per domani come uomo del destino di Venezia. A qualcuno sfugge però che siamo in procinto di due consultazione elettorali. Un referendum sulla separazione del comune in due entità, Venezia e Mestre, e le elezioni per il rinnovo del comune. Può un sindaco da mesi in piena campagna elettorale candidarsi a commissario dell’emergenza? In altre parole, essere giocatore e arbitro al tempo stesso in una partita così delicata. In democrazia l’emergenza non può ottundere l’intelligenza, delle istituzioni e dei cittadini. Tanto più nei confronti di un soggetto che, oltre ai propri conclamati conflitti di interessi, da anni lavora smaccatamente ad un blocco sociale centrato sulla stretta interdipendenza della città dall'economia turistica. Con quale equità saranno valutati l’entità e le precedenze degli aiuti? Dopo il danno dell’alluvione la beffa della gestione non sarebbe tollerabile! Ed è sulla strategia per la città che si incardina il secondo punto. Affrontare il tema di Venezia e della sua laguna dentro lo scenario di un periodo non più lungo, come il cambiamento climatico atteso, per valutare la vera utilità del Mose. Grande opera pubblica con grande ritardo, mai collaudata, che più che una certezza è una incognita concepita per uno scenario ormai superato. Riportiamo allora il problema alla scala che gli compete, quello di una città internazionale che per prima si misura con il grande cambiamento. Bandiamo una vera consultazione internazionale sulla strada da prendere. Facciamo per una volta prevalere il sapere sugli interessi, non ci sarà un’altra occasione per farlo e per rimediare agli errori del radicato consociativismo nostrano.

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