Gli esiti del liberismo selvaggio di Brugnaro sono sotto gli occhi di chi la realtà la vuol vedere per com'è. Passivo sulla residenzialità quanto attivo su ogni forma di turismo, a partire da nuovi hotel e locazioni brevi, il bilancio di un quinquennio si legge nelle statistiche, che oggi vedono #Venezia assimilata alle aree montane dove chiudono le scuole per mancanza di alunni. Ma di questo passo presto toccherà anche a #Mestre.
Vuoti anche i nuovi alloggi per cattiva gestione delle graduatorie e carenze di personale. Nella città del turismo e dello spettacolo, sportivo o folcloristico che sia, non c’è posto per gli abitanti, che devono arrangiarsi, o meglio emigrare, disperdersi in quell’intorno metropolitano che qualcuno vorrebbe chiamare la Grande Venezia. Dove la vera Venezia è svuotata per far posto al business.
Che se poi accadono gli imprevisti, come l’inondazione e il coronavirus, si svuota anche di turisti. Ma il business deve proseguire con sempre nuove poste. Come il nuovo stadio a Tessera che dietro la scadenza elettorale lascia intravedere la trama opaca di interessi multipli intrecciati con rotte transatlantiche della finanza internazionale con solidi legami nelle caraibiche Cayman e nell’americano Delaware. Lo stato che spalanca le porte alla detassazione e anonimato delle società del mondo intero.
L'internazionalità di Venezia assume le sembianze della finanza d’assalto. Con una schiera entusiasta di follower locali. Sindaco in testa. La trasparenza la grande assente.
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