Il post coronavirus non è facile da immaginare, ma già è chiaro che per molte categorie economiche e commerciali si tratterà di una fase difficile, drammatica.
Occorre fin da subito pensare ed elaborare piani che ammortizzino il colpo, e che possano anche essere i mattoni con cui costruire un sistema migliore.
Sempre più fortemente siamo convinti che i soliti (im)prenditori turistici siano in spasmodica attesa, pronti a dividersi ciò che resta della città.
La grande distribuzione è riuscita, bene o male, a tenere i centri commerciali aperti e questo si ritorce contro il piccolo commercio degli esercizi di vicinato.
Un’amministrazione comunale attenta dovrebbe per lo meno impedire l’apertura di nuove attività, soprattutto in prossimità dei centri urbani (vedi ex Umberto I°) vincolando le aree a destinazioni d’uso specifiche, senza possibilità di deroghe.
Al fine di favorire la riapertura della attività di vicinato attualmente chiuse si possono prevedere degli incentivi all’affitto, vincolando i locali alle attività precedentemente esercitate e quindi contrastando eventuali iniziative speculative.
Tali modalità riguardano sia Venezia insulare che la terraferma.
È facilmente prevedibile che molti negozi destinati alla clientela turistica potrebbero non riaprire nell'immediato, poiché il flusso turistico non riprenderà in tempi brevi; pertanto si dovrebbero penalizzare i proprietari che tenessero i locali sfitti.
Allo stesso modo si dovrebbe agire sulle unità immobiliari destinate ad affittanze turistiche o bed&breakfast, favorendo la loro riconversione ad unità abitative destinate alla residenza.
Si dovrebbe inoltre prevede un uso pubblico (per esempio coinvolgendo le università, sempre in necessità di trovare alloggi per studenti e docenti) di quelle attività alberghiere che saranno costrette a chiudere per assenza di clientela.
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