Per Brugnaro, è evidente, l'idea che Venezia possa vivere anche di altro, oltre al turismo, è inconcepibile.
Qualcuno gli faccia presente che non c'è niente di cui stupirsi, di fronte alla crisi che ha colpito l'intero settore.
Qualcuno gli ricordi i rischi della monoeconomia.
La cecità del sindaco è preoccupante. La narrazione fiabesca per cui un giorno l'Oms darà l'annuncio ufficiale: è finita, basta virus! e tutti giù a fare feste, con Venezia a guidare il carrozzone, è oltremodo distante da quanto viene affermato dagli esperti, sui tempi e i modi in cui si tornerà, piano piano, alla normalità (che non sarà comunque quella di prima).
È inaccettabile che il primo cittadino, dopo due calamità nel volgere di pochi mesi, che hanno messo in ginocchio la città, non pensi seriamente a cambiare visione. Non può permettersi di condannarla a cadere di nuovo, al prossimo rovescio. Salvo chiedere soldi al Governo per porre rimedio ai danni.
È inaccettabile che si faccia beffe dei cittadini che fanno notare come, a bocce ferme, sarebbe finalmente possibile ripensare l'economia di Venezia, e quindi anche il turismo, non per cancellarlo, ma per farne risorsa e non capestro.
Il sindaco attacca a 360 gradi chiunque lo critichi, non importa su cosa o come. Non essere allineati al suo pensiero è sufficiente per finire nella lista nera.
Invece mai come oggi sarebbe opportuno accettasse anche idee diverse, perché la gravità della situazione richiede di lavorare costruttivamente al futuro. Anche ammettendo i propri errori. Dimostrando finalmente capacità di ascolto.
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