di Franco Migliorini
La sistematica distruzione di spazi verdi, grandi e piccoli, in città incontra per la prima volta reazioni negative all’interno della coalizione di destra messa insieme da Brugnaro.
Sull’onda del trascorso quinquennio cambia il paesaggio urbano consueto con la eliminazione del verde, quello che si oppone ai lavori pubblici. Una consuetudine interventista priva di qualunque nozione ambientale così come estetica.
Mestre, una città in cui la nozione stessa di verde urbano era rimasta sconosciuta fino agli anni ’70, aveva poi cominciato ad assumere, faticosamente, l’aspetto di ambiente a misura di cittadino, cercando di valorizzare gli spazi liberi col verde. Mai abbastanza per rimediare agli anni del grande sacco della città, ma comunque un nuovo modo di intendere l’ambiente urbano.
Con l’arrivo della giunta Brugnaro la musica è cambiata, così come l’ascolto ai cittadini tramite le municipalità, ritenute fastidiose perdite di tempo, e per questo svuotate nella speranza di eliminarle proprio.
Nella nuova coalizione la Lega intende però guadagnarsi consensi con l’ascolto dei cittadini allo scopo di radicare la sua presenza organizzata nel territorio. Per questo trova da ridire sull’operato di una giunta che opera in regime di autocrazia e si trova nell’imbarazzo di non sapere a chi indirizzare le rimostranze nella terna Zaccariotto - De Martin - Boraso. Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto comunque non cambia.
Un problema del tutto irrilevante dato che è un metodo che rimane, forte del mandato ricevuto ad ”operare” la cui impronta spiccatamente cementificatrice non defletterà certo per qualche albero abbattuto che tranquillamente tra vent’anni sarà di nuovo cresciuto. Se non proprio allo stesso posto, magari da qualsiasi altra parte.
Il copione è questo.
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