Nell’arco di pochi giorni Zaia salva la Donazzan dalle censure domestiche mentre offre ai cacciatori libertà di movimento in regione, quando tutti sono confinati nei loro comuni.
Cos’hanno in comune le due fulminee decisioni? Mantenere il 76% al riparo da fratture con la destra nostalgica che contribuisce all’amalgama della maggioranza bulgara che presiede all’immobilismo della regione.
Ben oltre il 50% dell’era democristiana, questa è la conferma che il continuismo del Veneto “moderato” in versione leghista digerisce proprio tutto, a partire dalla memoria storica. Nel cono d’ombra del potere l’opportunismo ingloba ogni sorta di ideologia e ogni forma di trasformismo dei protagonisti.
Il Veneto leghista stile Zaia, dove l’attaccamento al potere è religione di massa, rivela il suo limite nel non permettersi discriminanti che possano divaricare l’anima sovranista salviniana da quella etno regionalista zaiana pilotata dal miraggio autonomista.
Guai se nella Lega si insinuasse una polarizzazione ideologica contrapposta, l’abile castello su cui regge il regno di Zaia sarebbe compromesso. Con la gioia di molti.
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