Il 21 febbraio ho scritto al prefetto, il 22 ho scritto al sindaco e al prefetto: “voi ne avete la facoltà. Fermate il Carnevale, può essere fonte di contagio”. Domenica 23 a Venezia sono arrivate circa 70.000 persone.
Adesso interessa poco aver avuto ragione. E l’imbarazzato silenzio di Ca’ Farsetti mostra l’incapacità di ammettere come stanno le cose. Ma questo è successo.
La cosa importante è capire come andare avanti.
È il momento di ridare respiro alla città. Di riportare a galla le voci che per cinque anni questa amministrazione ha spento. La vitalità dei territori che, oggi più che mai, è importante tornare a sentire.
A partire dall’emergenza che stiamo vivendo. Ho ricordato in Consiglio comunale che ci sono le municipalità e consiglieri che sparsi su tutto il territorio possono aiutare, proprio per quella prossimità, che è peculiarità dell’istituzione, le problematiche di una città così variegata e composita.
Tanti consiglieri hanno manifestato la volontà di aiutare anche per le necessità immediate della consegna della spesa o dei medicinali alle persone sole.
È, però, questa l’occasione che viene data al Sindaco di ridare le deleghe alle Municipalità. Non serve che faccia ammenda e dica che ha sbagliato. Con uno dei suoi colpi di genio saprà trovare il modo per dire che per cinque anni ha pensato come riattivare il decentramento e ora lo vuol far ripartire. Va benissimo. È il momento di farlo.
Pesanti critiche si sono già abbattute sui servizi educativi che hanno varato graduatorie per i nidi e le scuole d’infanzia senza aver consultato gli organi collegiali. Un ultimo schiaffo alla vita dei sestieri e dei quartieri. Decisioni prese dal centro come se bambini, genitori, educatrici ed educatori fossero numeri.
Servizi educativi, servizi sociali che siano radicati sul territorio e che non hanno bisogno di tagli di nastro con assessori sempre pronti alla foto, ma che vogliono vivere ogni giorno nella quotidiana necessità del servizio.
Ci troveremo di fronte ad una terribile situazione di bisogno, di necessità, di dolore, di disperazione alla fine di questa vicenda. Tornare alla normalità non sarà per tutti semplice. Le disparità sociali cresceranno, la situazione economica e psicologica di chi ha perso il lavoro peserà sui singoli, sulle famiglie, sulla collettività. Occorreranno presidi sul territorio. Occorrerà quella rete di solidarietà che è fatta di persone che si danno da fare perché avvertono la necessità di metter al servizio della comunità il proprio tempo, la propria esperienza, il proprio sapere.
E sarà necessaria anche quella rete di cultura dal basso, fatta dalle tante associazioni culturali, sociali, sportive che sono linfa vitale per i nostri quartieri e i nostri sestieri. Quelle iniziative così partecipate e vissute che fanno divertire e sognare e crescere cittadini di tutte le età e di tutte le fasce sociali.
Riattiviamo queste realtà nelle sedi pubbliche opportune. In quegli spazi, e sono tanti, che l’amministrazione ha chiuso o ha dato in affitto o a pagamento. Spazi pubblici per tutti, non per pochi o per nessuno.
La ripresa sarà in salita. Sarà difficile. Occorrerà che tutti si aiutino a vicenda. Occorrerà che tutti si prendano per mano. Occorrerà un abbraccio collettivo che ci sostenga. Occorrerà quella rete solidale che è fatta di tante persone, di tante realtà, di tante idee, di tante bellissime spinte creative che sono tipiche e assolutamente esclusive dei singoli territori. E per questo devono trovare spazio.
Il decentramento è la via per ripartire con umiltà ma con la forza di una base solida, fatta di tante mani che si stringono e di sorrisi che stemperano le lacrime.
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